lunedì 10 maggio 2010

Primi voli su Genova di HHHangelo

Un nome da angelo ancora non ce l’ho, perchè attualmente sono un’aspirante angelo, a far la simpatica potrei temporaneamente chiamarmi HHHangelo, che fa un po’ angelo aspirato, più che aspirante ...
C’è di buono che a noi genovesi angeli alle prime piume, ( piume di plastica, peraltro impermeabili, e chissà, all’occorrenza subacquee, che nelle zone portuali non si sa mai, magari sbagli un volo e finisci in mare.....) , siam stati subito rimescolati per la strada, potendo immediatamente scoprire l’effetto che facevamo alla gente, e a noi stessi.
Devo dire che indossare l’ala fatidica era una piccola barriera mentale, ma risolta in due istanti precisi: il primo nel riguardare le immagini poetiche e indelebili degli angeli del “Cielo sopra Berlino” di Wim Wenders, il secondo nell’annodare quei semplici laccetti davanti al petto e averle addosso. Un po’ allo stesso modo ho percepito l’uscire per strada con questa nuova veste, che è solo un lasciapassare in più per quelli che come me, se ne han voglia, attaccano bottone anche con un palo della luce.
Quando abbiamo parcheggiato la macchina accanto alla stazione Brignole, la prima sera, avevamo già le ali e gli occhi di parecchie persone addosso.
Hai le ali e improvvisamente ti senti nudo, visibile, carico di un ruolo che, che una persona abbia voglia di ascoltarti o meno, tu ormai hai, e devi sostenere.
Allora ti armi di sorriso, respiri profondo e ti lanci nell’avventura antropologica, sentimentale, toccante, che può regalarti una fermata del bus.
Mi sono accorta che l’operazione del respirare forte aiuta a far uscire le tossine e preparare la testa a un nuovo incontro quando ti congedi da una persona e ne accogli un’altra, un po’ come quando in teatro ti ossigeni prima di una battuta importante. Qui quella battuta è ogni volta che ti avvicini a un altro essere umano e gli auguri buonasera.
In due uscite ho parlato con persone di ogni genere, età, razza, il cui comune denominatore era la notte.
Le Donne. Certe donne sì, avevano paura, ma certe erano più che altro stanche e rassegnate al fatto che di sera, da quelle parti, girino “certi elementi”. Anche gli esibizionisti, per dirne una.
Certe erano davvero fiere e profumavano di dignità.
Di una in particolare, così pacata e cazzuta allo stesso tempo, così elegante nella sua semplicità, farò fatica a dimenticare il tono di voce, il volto, le occhiaie e la bellezza.
Poi c’è stata la signora equadoriana, cinquantenne, coi capelli a spazzola tinti di giallo e gli occhi lucidi di commozione solo per il fatto che io le parlassi e le chiedessi di lei, “solo” per il motivo che in vent’anni mai nessuno le aveva rivolto la parola alla fermata dell’autobus....
Ho dovuto abbandonarla per l’emergenza del cittadino ubriaco fradicio, di dove? A detta sua “abitante del pianeta”, la cui sonora capocciata sul metallo dei seggiolini della fermata di fronte aveva attirato l’attenzione della stazione intera.......ma di lui io penso che potrebbe scriver un romanzo post-pialla l’angelo matrix (chiedo venia, non mi ricordo il nome in codice preciso...)
E la famiglia indiana quasi al completo? Meraviglia di sorrisi e di colori, la ruzzolata dell’uomo pochi metri accanto a loro aveva suscitato ilarità soprattutto nei due ragazzini più piccoli, poi in scala nelle altre 6, femmine.....e la madre di questi 8 figli, io vi giuro, un fiorellino!
Dopo, mentre parlavo con una signora che sembrava uscita da un romanzo di Roal Dahl, custode di un albergo del centro, ma non tutti i giorni, così burbera da strapparmi cinquemila sorrisi, ecco che ci si intrufola una ragazza, sui 19 anni, timida ma sorridentissima, che poco dopo ci dichiara che si è seduta apposta vicino a noi perchè era la prima volta che usciva di sera senza la sua amica dalla casa dello studente dove risiede....le ho mandate sull’autobus insieme, sembravano nonna e nipote...missione compiuta!
Ci sono state anche le due signore bielorusse in attesa di occupazione, perchè se l’anziano a cui badi lascia questo mondo poi cosa fai?
Lo stesso problema lo aveva la ragazza etiope del giorno dopo, alla stazione Principe: vent’anni, ne dimostrava dieci di più, una cicatrice in mezzo agli occhi, italiano stentatissimo, andava a dormire al dormitorio femminile di Di Negro, disoccupata da parecchi mesi, madre di una figlia di 5 anni in Etiopia, che ora non può certo permettersi di andare a trovare o da cui farsi raggiungere....................
Tornando al primo giorno, eccoti tre ragazzotti, 17 anni al massimo, facevano un giro, uno indiano, uno sudamericano, uno della Costa d’Avorio....peccato non ci fosse un’italiano tra loro, sarebbero stati la sintesi perfetta di questo nuovo mondo multietnico! Avrei voluto farli conoscere a quei due scalmanati che la sera dopo, a Sampierdarena, in piazza Montano, entrambi equadoriani, ridevano come pazzi lanciandosi un dentifricio blu che gli avevano regalato al Mtv Awards poco prima, al porto antico, e che ci tenevano particolarmente a non esser scambiati con degli arabi, anche se di parole arabe ne conoscevano parecchie, perchè giocavano a basket insieme a ragazzi arabi nel campetto del Don Bosco.........Basket?! ..aspetta che vi presento il ragazzo qui a fianco, di Pontedecimo, poco più grande: il Basket è testualmente “l’unica cosa che lo fa sentire Vivo”. Poi ha anche una ragazza, dalla quale non ha resistito a non andare quella sera, anche se sarebbe dovuto stare a casa a studiare, che sta perdendo l’anno.....
Poco dopo nella prima fermata di via Cantore, sempre a Sampierdarena, ecco l’incontro mistico della serata: il rapper italo-serbo, ventun’anni di frasi, viaggi, immagini e ricordi da celebrare...ho questa fotografia nella testa di 4 angeli ammutoliti di fronte a questo animaletto della notte, dall’accento indefinibile, che gesticola e dice a raffica in rima tutto quello che gli viene .....solo una frase sono riuscita a segnarmi veloce sul telefonino: “ I pensieri sono uniti come cicatrici dentro la testa”.
Io spero che ci cerchi su internet, un angelo che reppa alle fermate...io lo vorrei ovunque!
Una delle missioni più riuscite comunque è stata alla stazione Principe.
Chiacchieravo con questo adorabile ragazzo, direi del Senegal, sulla ventina, curatissimo, disoccupato da 8 mesi, appena arrivato a Genova dal Piemonte aspettava un cugino, si tratteneva da lui un po’ per veder se cercar qualcosa da ste parti, questa faccenda degli angeli gli piaceva parecchio allora ero lì a spiegargli, e il volantino, e questo e quest’altro...ci si avvicina una donna sulla quarantina, un po’ trafelata, tutta contenta delle mie ali da angelo, parliamo un po’ e ci spiega che l’avevano spaventata a Serravalle dove prende tutte le sere il treno finito di lavorare in una comunità psichiatrica, così aveva chiamato un collega e si era fatta accompagnare alla stazione di Arquata, ma perdendo quel primo treno aveva perso l’ultimo bus da Genova per il suo quartiere (quezzi), e cagandosi letteralmente sotto in stazione era venuta in fermata ad aspettar che il marito la venisse a prendere lì. Ridendo e scherzando in 5 minuti era uscita dal suo stato di ansia e io ho potuto prendere il bus per Sampierdarena con la promessa che il ragazzo le avrebbe tenuto compagnia fino all’arrivo del marito!
Questo è tutto, cioè, non è tutto, perchè ho tralasciato qualche personaggio, più che altro trattasi di persone che si sono sbottonate meno, o incontri con persone o gruppetti che hanno fatto da delizioso o talvolta insipido contorno di questi stufati di gente.....
.....angelo cannibale?!
No, giuro ;)
Comunque andrà a finire, angelo, non angelo, di più , di meno, per nulla, non importa, anche isolata quest’esperienza è stata mitica.
Grazie!

1 commento:

AngeloBlu ha detto...

Ciao HHHangelo.
Mi è piaciuto il tuo post. Secondo me, se posso permettermi, hai fatto davvero un buon lavoro. Sia come Angelo che nelle vesti di reporter. Auguri perché tu possa trovare un modo di volare che ti faccia sentire tutta la leggerezza che c'è.