lunedì 21 novembre 2011

Dalla Mia Finestra by Angel Step

Quando ero piccolo guardavo dalla finestra della mia stanza e vedevo le montagne di fronte, una vallata nel mezzo tutta verde con poche e sconosciute case, e un orizzonte che lasciava intuire un mondo immenso e da scoprire.
Poi sono partito. E ho incontrato tanti altri orizzonti. Ma ogni volta c'era sempre qualcosa più in là, qualcosa che lasciava intuire un mondo immenso e da scoprire.
Sono partito. E ho conosciuto tante altre persone, ho potuto guardare dalle loro finestre. Ci ho visto tante cose, e ogni volta era immenso lo stupore nello scoprire nuovi orizzonti.
Allora ho indossato un paio d'ali e ho così avuto accesso alle finestre di persone che non avevo mai incontrato prima. E sono rimasto a bocca aperta.
Cos'è una finestra? Un buco in un muro certo, ma anche un occasione nuova, una corsia preferenziale verso l'esterno. É preferenziale perchè la si può valicare solo con gli occhi, a volte con il cuore. “Da casa mia si vede un abbaino, e il tetto della casa” (Biagio, Genova), “io vedo la lanterna”, “vedo un po' di montagne”, “un albero di nespolo, con il rumore del tagliaerba” (Michele, Romagnano di Grezzano), “la mattina spesso c'è un forte cinguettio”, “alcune domenica mattina c'era la tromba registrata della caserma lì vicino” (Fabio, Verona), “sentivo in lontanaza il rumore di una macchina ogni tanto che passava” (Genova), “a Nervi sentivo l'odore del pitosforo”, “odore di caramelle” (Mosca).
Scopro che oltre agli occhi anche l'udito e l'odorato hanno questo potere, possono valicare le frontiere del ricordo. Mi chiedo: ma dove è rimasto il cuore? Il mio ha lasciato tracce indelebili sugli stipiti della mia finestra (sangue?), anche ora che hanno costruito altre case di fornte alla mia, intaccando indelebilmente la coerenza tra i miei ricordi e la realtà corrente.
Il cuore l'ho incontrato nelle parole di tante persone per le quali la finestra è occasione di libertà e ampio respiro. “Vedo il sole” (Flor Ramira, Repubblica Dominicana), “dalla mia stanza vedo la campagna e odore di erba” (Enrique, Ecuador), “dalla mia camera vedo mare e montagne”, “vedo il treno che passa”, “vedevo la campagna dalla cucina e potevo spaziare mentre lavoravo” (Rapallo), “io sento il vento che soffia” (Genova).
Ma per qualcuno la finestra è stata o è un'apertura verso un problema, un fastidio, un grattacapo: “io vedo gli aerei e li sento” (Linate), “dalla finestra di camera mia sento le macchine che non mi lasciano dormire” (Adinna, Genova), “vedo il traffico, poco perchè a S.Quirico non c'è nessuno”, “dalla stanza vedo l'Italsider” (Cornigliano), “dalla finestra sento l'umidità” (Genova). C'è anche chi ha peggiorato la propria situazione con gli anni, “profumo di erba tagliata, adesso odore di tubi di scarico”, “a casa mia vedo un palazzo mentre da bambina c'era il gatto che mi aspettava” (Genova). Si stava meglio quando si stava peggio. Qualcosa è cambiato, ma solo negli occhi o anche nel cuore?
Qualcuno riesce a viversi positivamente situazioni di possibile disagio, forse perchè da bambin@ è riuscit@ a lasciar correre il cuore dietro alla magia di quei mondi sconosciuti. “Vedo una ferrovia dismessa”, “dalla mia finestra sentivo il rumore dello straccivendolo, che scaricava e l'arrotino che affilava” (Genova), “quando ero piccolo c'era un'industria tessile che faceva un rumore forte e chi veniva a trovarci ci diceva -come fate a stare con sto rumore-...noi neanche ci rendevamo conto”, “quando ero piccolo c'era un fiume dove giocavo coi miei amici e un giorno alla settimana si tingeva di colore perchè c'era una fabbrica di vernici che lavava le cisterne. Per noi era una magia, tutti i venerdì, aspettare senza sapere di che colore sarebbe stato” (Mignanego). Ricordate? Si nascondevano anche dietro le mie montagne, oltre alla vallata verde, oltre alle case che ora tormentano la vista, con la sua voglia di lanciarsi a capofitto come soffio di vento di montagna.
“Dalla mia finestra sento il silenzio e ricordo le sbarre alle finestre, la gente mi diceva -fai il bravo sennò vengono e ti portano via-”. Infatti “ora vivo su una panchina e non ho più finestre” (Kamel, Tunisia). Quegli occhi, quelle orecchie, quel cuore forse aveva bisogno di spaziare. Quattro mura e un buco erano troppo poco per lasciar uscire l'urlo, la voglia di libertà, il bisogno di sentire l'aria sulla pelle. Ecco allora il nostro amico a dormire su quella panchina. Voi cosa vi eravate immaginati? Che fosse un barbone? Uno che ha fallito? Uno che ha perso tutto? Chissà, invece forse ha raggiunto il suo primo traguardo. Ora? Deve guardare avanti per vedere il suo prossimo obiettivo, che forse non ha mai neanche visto dalla sua finestra, ma forse lo vedeva quando aveva gli occhi chiusi. Boh, non ci è dato saperlo, siamo angeli mica indovini.
“Profumo di alberi, fiori” (Nigeria), “dalla mia finestra di Avignone vedo un alberello che mi fa sentire a casa” (Christoff), “mi immagino a letto ad ascoltare Pink Floyd”, “sento i ragazzi che giocavano in cortile e io scendevo con loro” (Napoli), “io mi svegliavo alle 5 a studiare, c'ero io con Bob Marley che anziché studiare scrivevo al ragazzo che mi piaceva” (Genova). Le nostre finestre ci hanno visto crescere, sanno tante cose di noi, sanno come renderci felici, a volte semplicemente facendoci vedere il lato bello della vita: “sentivo le urla delle madri che chiamavano i loro figli come un concerto” (Luca, Sicilia), “osservazione di chi passa, guardavo in particolare quelli che erano allegri”, “dalla mia stanza vedo un albero di fichi”, “io vedo un grande albero di castagne”.
C'è qualcuno che è arrivato a quell'immagine, quell'odore, quel suono, tanti anni dopo, perchè dentro lo stava inseguendo, anche se non lo sapeva. E c'è chi ci sta lavorando. Un lungo filo che ci riporta inevitabilmente a quel punto, a quell'ombelico. Corri corri, non sai dove vai, poi all'improvviso senti che c'è qualcosa messo nel posto giusto. Fermati, osservalo, tienilo con te. Ti riporterà a casa quando ti perderai.
“Immagino io bambino che gioco e piango”. Crescere ha il suo costo.
Beato chi dentro la finestra del suo cuore ha ritovato la via, o se stesso. “Dalla finestra vedo la luce” (Algeria). “Io vedo una scritta io sono Dizzy, che poi è il mio nome”. Beato lui, si è autografato il panorama, si è personalizzato la visuale, saprà sempre dove guardare quando si sentirà solo, perso, triste.
Dalla mia finestra cerco me stesso e dalle vostre ho contemplato il mondo, ho gustato i vostri ricordi e ho accarezzato i vostri sogni. É stato un bel viaggio, qual'è il prossimo?

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