lunedì 21 novembre 2011

Report Angelo Giacomo

Sabato sera io e AngeloAli siamo stati accompagnati dal millenario Angelo Floppy nel primo nostro volo di prova. I più esperti ci avevano già raccontato di una strepitosa umanità che le persone usano tenere nascosta ma che spesso non riescono a occultare alla vista di un angelo. Noi, che fino a quel momento non avevamo mai mostrato le nostre ali, accontentandoci di confonderci con le altre persone, faticavamo a crederci. Avevamo già utilizzato gli autobus in giornate troppo ventose per svolazzare tranquillamente da una parte all’altra della città ma mai ci eravamo accorti di questa umanità spesso nascosta dietro la copertina di un libro, intrappolata da un paio di cuffie o semplicemente oppressa da tante espressioni prive di sorriso, incapaci di accoglierla.
Quella sera tutto è andato diversamente, mostrare le nostre ali è stato sufficiente ad attirare l’attenzione di tutte quelle persone con una voglia di comunicare sfrenata, alla ricerca di qualcuno disposto ad ascoltarli in una gelida serata autunnale. Come qualcun altro ha avuto modo di osservare in precedenza, noi angeli non siamo che un catalizzatore di umanità. Le nostre ali funzionano un po’ come una calamita, in grado di attirare a sé tante storie, poesie, desideri e, inutile nasconderlo, anche tanti lamenti che, gli uomini, per qualche motivo a noi ancora ignoto, preferiscono solitamente tenere per sé. L’incredibile forza di attrazione delle nostre ali ci ha così permesso di incontrare i personaggi più disparati che ci hanno tenuto compagnia e ci hanno avvolto con quella umanità di cui eravamo disperatamente alla ricerca.
Una numerosa famiglia ecuadoriana ha avviato la serata riscaldandoci un po’ con il calore e la poesia della propria terra. Poco dopo un gruppo di amici provenienti da quei paesi compressi tra il deserto ed il mediterraneo ma ora perlomeno non più oppressi da dittatori senza scrupoli, ci ha esplicato una filosofia di vita molto affascinante che consiste essenzialmente nel non lamentarsi mai, poiché dire che le cose non vanno come dovrebbero, a quanto pare, non aiuta a risolverle. Uno di loro in particolare, scappato dalla guerra che sta distruggendo il suo paese, ci ha raccontato che anche qui in Italia sta affrontando diverse difficoltà e che è molto preoccupato per i suoi parenti ed amici ma, nonostante tutto questo, ci ha regalato più sorrisi di quelli che solitamente ci vengono rivolti in una settimana intera. Abbiamo poi scherzato un po’ con uno dei suoi amici che sosteneva di essere il cugino di un certo Gheddafi e che mostrandoci il trolley che portava con sé ci ha raccontato di essere riuscito a scappare appena in tempo dal suo paese, anche se, a giudicare dalle risatine dei suoi compagni di ventura, probabilmente la storia non è andata proprio così.
Nel frattempo autobus carichi si svuotavano di ragazzi che si preparavano ad una serata in centro e autobus vuoti si riempivano di donne e uomini esausti dopo una lunga giornata di lavoro, qualcuno troppo stanco per parlare e qualcun altro troppo stanco per stare zitto. Proprio come quel uomo che ci si è avvicinato come se gli avessimo dato un appuntamento e pochi minuti dopo ci stava raccontando di come quel suo lavoro gli sta stretto e di come allo stesso tempo è costretto ad accettarlo in silenzio perché un giovane umano ha bisogno di quello che lui guadagna, mentre sua moglie non riesce a trovare lavoro per via di un accento un po’ troppo esotico. Ci ha poi raccontato quanto lo faccia arrabbiare dover passare ogni sera, mentre torna a casa dal lavoro, davanti a decine di ragazze costrette a fare della strada la loro vita o a tante altre persone rannicchiate in un angolo di marciapiede cercando di sconfiggere il freddo. Non riusciva a capacitarsi di come si potesse permettere che delle persone vivessero in tali condizioni, cercava spiegazioni e noi angeli naturalmente non gliele abbiamo sapute dare, poiché questo è proprio uno di quegli aspetti della società degli umani che meno riusciamo a comprendere. Altri discorsi sono seguiti ed alla fine ci ha salutati poiché sperava di poter trovare ancora la moglie sveglia, per bere una cioccolata calda prima di dare il bacio della buona notte a quel bimbo per cui gli tocca lavorare tutto il giorno ma che raramente riesce a vedere quando è sveglio. Quel bimbo per cui sta mettendo da parte dei soldi, sperando che una volta cresciuto, avrà voglia di seguirlo in un paese dove le belle ragazze non hanno bisogno di lavorare sulla strada per sopravvivere. Noi gli auguriamo che un posto così esista ancora tra qualche anno o, ancora meglio, che quel giorno anche qui suo figlio possa avere un futuro migliore di quello che adesso lui teme. Poco dopo un altro uomo, affascinato dalle nostre ali, ci ha approcciato parlando di amore che sconfigge la paura e di cellule risvegliate in grado di far rivivere un organismo malato. Ci ha raccontato di un libro che parla di umani in grado di volare, proprio come degli angeli o delle aquile, se solo riescono a capire di non essere delle galline. Ci ha salutato con un abbraccio, stile giocatori di rugby e si è allontanato nella notte. Non sembrava interessato agli autobus, probabilmente era anche lui alla ricerca di calore umano in quella fredda notte.
La nostra serata è si è poi conclusa con le poesie di una vecchia signora, le canzoni napoletane di un emigrante nostalgico e le massime di un mendicante che, da quando gli spazzini vengono chiamati operatori ecologici, preferisce farsi chiamare artista di strada.
Quello che ci avevano detto era vero, dietro tutte quelle facce stanche ed annoiate c’è un fiume di racconti, di esperienze e di poesie pronti a riscaldare anche la più gelida serata invernale se solo attratte da un paio di ali, o da un sorriso.

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