Notte di incontri magici a Principe. Un venerdì sera con tanti altri.
Alla stazione trovi sempre lo stesso andirivieni di macchine e gente: c'è chi transita come una preposizione di moto a luogo o di moto da luogo, e c'è chi invece si trova in una condizione di stato in luogo.
Chi cerca, chi trova, chi ha smesso di cercare perchè non ha mai trovato, si è stancato, semplicemente si è seduto, e si è messo a guardare gli altri che cercavano, e ha iniziato a cercare dentro gli altri qualcosa che aveva perso dentro di sé.
Iniziamo dalle persone in transito, più facile; puoi anche permetterti di rimetterci la faccia, una di quelle che magari neanche ti appartiene del tutto. Arriva l'autobus e...via, volatilizzati.
Altra faccenda è gestire quelli che passano un ora a cercare qualcosa da te: attenzione, presenza, rabbia. Quelli che si erano seduti, si alzano e vengono verso di noi, a scambiare due chiacchiere, che, come tutti sappiamo, sono più di zero. È già qualcosa. Ma se ne vanno comunque, con la notte che li riavvolge come inghiottendoli in un passaggio a un'altra dimensione.
Chissà cosa c'è in quella dimensione.
Ma torniamo al transito. Chissà dove va quella famigliola con due bimbi piccoli, che ci guardano incuriositi, vorrebbero sapere, ma non osano. Ci avviciniamo con delicatezza, leggeri come angeli. Tutti quattro sembrano chiusi da un involucro infrangibile che li protegge dal mondo esterno. Ma, allora, c'è bisogno di difese? Da cosa? E se davvero ce n'è bisogno, le parole lanciate nei brevi istanti di convivenza alla fermata cosa raprresentano? Una difesa? Un attacco? Non c'è miglior difesa dell'attacco...
...e allora veniamo attaccati da Rasselma, ragzzina, staniera. Ci chiede chi siamo, e ce lo chiede attaccandoci con la bocca e difendendosi con gli occhi, che timidi si abbassano a cercare inutili particolari nel selciato. “Siamo alla ricerca delle storie disperse dentro gli oggetti che qualcuno ha perso o abbandonato.” diciamo noi. E allora nasce una bellissima storia, di un fermacapelli trovato da angelSarah: una ragazza di nome Silvia, parla al telefono col suo fidanzato, o meglio, il suo ex, è in stato confusionale, agitata, gelosa. Abbandona quel fermaglio, come le chiudeva i capelli, adesso lei vuole chiudere con lui.
Rasselma è incuriosita. Vuole sapere di più, di noi. “Sapete cosa fate a capodanno? Cosa avete fatto quest'estate? Avete fatto dei viaggi all'estero?” Le raccontiamo di noi sul bus, ci chiede di accompagnarla, ma non per paura, solo per piacere.
Rasselma è nata in Italia, da genitori bosniaci. É stata al suo paese una volta sola, qualche anno fa, ci chiede se è vero che la Bosnia sta entrando nella Comunità Europea. Rasselma è stretta tra due paesi, stretta dentro relazioni familiari talmente strette che creano un terzo paese. Forse è una zingarella, forse non ha diritto a essere totalmente italiana, ne totalmente bosniaca, ma sì ha il diritto di sognare, e stanotte lo fa con noi. Vorrebbe andare in Brasile. Basta chiudere gli occhi e aprire le ali. E subito stiamo volando attraverso l'oceano per arrivare là. Ciao Rasselma, insegui i tuoi sogni. Ovunque.
Mentre giochiamo con altri ragazzi con i nostri oggetti smarriti arriva un messaggio dalla mamma di angelSarah: la foto di un paio di occhiali, persi dieci giorni prima. Attaccato agli occhiali c'è un bigliettino con scritto: “ti siamo mancati?”.
Siamo sempre un po' tristi quando perdiamo qualcosa. Chè sia di valore economico o meno, ci manca. É un facile concetto logico, non essendoci più ci manca. Poi dimentichiamo, rimuoviamo il ricordo, e tutto torna alla normalità. Sempre? Quando perdiamo qualcosa che ci apparteneva profondamente è difficile tornare alla normalità. Perdere i sogni per esempio è una di queste cose. Come è possibile tornare alla normalità quando perdi una cosa così intima e profonda? E infatti quando perdiamo i sogni perdiamo il nostro bambino interno. Dimentichiamo, semplicemente, perchè così è più semplice, crescere.
Isaac vorrebbe essere un calciatore. È venuto dal Ghana pochi mesi fa. Italiano pessimo, parliamo in un inglese stentato. Non sa l'italiano ma già sa che vorrebbe essere un calciatore della Sampdoria. Il miracolo dell'integrazione, Isaac è qua da poco ma è già coinvolto dalle passioni genovesi. Che fortuna. Ma l'italiano? E il Ghana? Chissà, forse più in là.
Forse più in là ripenserò a quando ero bambino, e sognavo di essere felice. Ma per adesso cerco di non perdere quell'autobus, è più importante. È l'ultimo, sennò poi, come ci torno a casa?
Chi abbandona la sua casa, chi non ci torna, forse si è distratto ripensando ai suoi sogni? Ma allora l'autobus lo ha perso o lo ha preso?
A voi l'ardua questione. Ci rivediamo presto, alla fermata. Ci fermeremo aspettando che vi fermiate anche voi.
Angel Step
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento